Sant’Ilario com’era: i negozi di Via Montecchio
(di Giorgio Casamatti)
Insieme a via Roma, che potremmo definire la via “cardinale” del commercio cittadino, va senz’altro ricordata anche Via Montecchio dove avevano sede numerosi negozi, botteghe e attività artigianali. Già a partire dalla fine dell’Ottocento via Montecchio è stata fra le prime strade in cui, di pari passo con le abitazioni, si sono via via insediate numerose attività facendola diventare una zona animata della vita economica e sociale del paese. In quest’area si registrava un’alta densità abitativa anche perché sorgeva a ridosso dei caseggiati popolari della Mura dove risiedevano decine di famiglie, tutte molto numerose. Nei primi decenni del ‘900 lungo la stretta e breve via Montecchio iniziarono ad aprire anche una serie di botteghe che vendevano gli articoli più svariati e che l’hanno resa, fino ai giorni nostri, una delle strade del commercio santilariese.
Grazie ai ricordi trascritti da Laura Rinaldini, che per anni ha vissuto e lavorato all’incrocio tra Via Roma e Via Montecchio, possiamo fare un’immersione nel passato e scoprire i negozi e le altre attività che costellavano questa via e le strade adiacenti. Essendo una zona densamente abitata il centro era animato da frotte di bambini che si riunivano per giocare con quel poco che avevano a disposizione.
“All’angolo c’era la drogheria Violi, poi la contrada con il negozio di polli, verdura, salumi e alimentari dei miei genitori. C’era poi il negozio di Adrasto che vendeva le ferramenta. C’era quindi il negozio di Bronzoni, alimentari e granaglie all’ingrosso: il vecchio era una bella figura di signorotto di campagna.
Poi c’era l’Ermelinda con il suo negozio di maglie, calze, ecc. Le sue figlie Cesara e Alma facevano a macchina i vestiti di lana su misura ed anche le maglie. Poi Zoboli, la macelleria più bella di S.Ilario per i tempi di allora, veniva poi l’osteria di Berardo.
Tornando verso via Roma il primo negozio era di profumi e lo gestiva l’Ondina, poi l’Argia con sali e tabacchi, quindi l’Italina con due cabine del telefono. C’era anche il bar dei giovani con la Linda che faceva dei gelati da re tanto erano buoni e Caleri che riparava le scarpe.
In fondo al borghetto c’era un grande portone con un bel cortile, con due campi da bocce e una casina bassa dove abitava la famiglia Cimeoni: due stanze da letto e una cucina. Il capofamiglia Artemio Cimeoni, faceva il macellaio di maiali per i contadini e anche per i negozi: un artista nel suo lavoro e faceva dei salami da leccarsi i baffi. Il cortile era sempre pieno di ragazzi che venivano per giocare: i tre figli di Festino (Giuseppe, Dina e Annalena), poi l’Aliana, Mariotto, l’Almerina, la Laura dal “calsolarein”, c’ero io e mio fratello “Rico”, Corrado e i figli di Cimeoni, “Selmo”, Luisa, “Mariolein” e Nando”.
Anche il mio cortile era sempre pieno di ragazzi, eravamo proprio in tanti. Mio padre, gestore dell’osteria del Moro, in primavera, dato che aveva due campi da bocce, faceva venire due birocci di sabbia, poi ce ne dava un poco per giocare: per noi la bacinella d’acqua e la sabbia erano il mare. I maschi giocavano al pallone o giravano in bici; noi giocavamo con la sabbia setacciandola e riempiendo barattoli vuoti di conserva: così avevamo creato una piccola industria”.
Oltre alla macelleria ricordata da Laura, fino a pochi decenni fa esisteva anche “la polleria” che vendeva gustosissimi polli allo spiedo, il cui aroma si diffondeva lungo tutta la strada.
Sempre lungo via Montecchio erano presenti anche alcuni negozi in cui si vendevano e si aggiustavano le biciclette, come l’officina del Milàn, o quella di Tribùs, specializzato nella riparazione dei pneumatici bucati. Ma non va dimenticato il negozio di Tino Spaggiari, il primo in paese ad aprire una rivendita di radio, lampadari ed elettrodomestici, che si è poi specializzandosi anche nella riparazione di qualsiasi aggeggio elettrico esistente in commercio. Il suo laboratorio era un groviglio di cavi elettrici, scheletri di elettrodomestici da riparare, radio sventrate: in questa accozzaglia di oggetti, comunque, Tino riusciva a districarsi e a rimettere ogni pezzo al suo posto e a farlo funzionare. Vi erano poi le osterie, in seguito diventate bar, e alcune barberie: ma di queste parleremo in un altro articolo.
Lungo Via Montecchio e tra i caseggiati della Mura erano sorte anche alcune attività artigianali, quasi sempre a conduzione familiare. Prima fra tutte la segheria dei Campanini dove alcuni giovani, come i fratelli Caio e Bruno Palmia, impararono l’arte della lavorazione del legno specializzandosi in questa attività. C’era poi l’officina del “Gig” in cui si zincavano i metalli, dalle padelle alle casse da morto. Il suo laboratorio era sempre pieno di fumo acre, dato che utilizzava l’acido solforico per pulire le pentole di rame. Lì vicino, nelle cosiddette “case basse”, aveva sede il laboratorio del sellaio Ceci, un vero professionista nella lavorazione del cuoio che produceva con maestria le selle e i finimenti per cavalli, muli e asini. Erano inoltre presenti anche altre attività: il calzolaio , che sapeva riparare ma anche produrre le scarpe; il Soìn che realizzava ed aggiustava i mastelli di legno per il bucato nel suo antro pieno di trucioli.
In una delle stradine perpendicolari a Via Montecchio c’era anche il magazzino di legna e carbone di Ferrari, da tutti conosciuto col soprannome di Grostein per via della sua bassa statura e l’estrema magrezza.
Troverete questo ed altri racconti nel volume curato da Giorgio Casamatti “Sant’Ilario com’era: Il lavoro, le botteghe e le industrie storiche” disponibile presso la Tabaccheria di Boni Giovanni di Via Val d’Enza 12 a S.Ilario).