L’esperienza del passato per affrontare il futuro
Una riflessione che parte da ciò che ci ha insegnato la generazione dei nostri genitori o nonni per trarre dall’attuale situazione gli insegnamenti che ci serviranno anche nella vita di domani
(di Marzia Manzotti)
Spesso in questi giorni ripenso ai miei genitori perché continuano a mancarmi anche se il tempo passa. Sono stati le nostre radici e prima di loro i nostri nonni, e sono queste radici forti che ci consentono di affrontare oggi i momenti così dolorosi e difficili che stiamo vivendo. Stamattina mi sono svegliata pensando a loro due appena sposati. Mia mamma nel 1940 con un bimbo appena nato era entrata a far parte della grande famiglia patriarcale del papà, poi la guerra, il richiamo di mio padre a militare, il non sapere dove fosse, se fosse vivo o morto. Lui in un campo di prigionia dopo l’8 settembre 1943, ritornato a casa dopo quasi due anni. Dopo la guerra la vita è ricominciata a fatica, con tanti sacrifici, ma anche con tanti valori e ideali, impegnati entrambi insieme agli altri per dare un futuro a noi figli, un futuro di pace e di libertà dove potessimo disporre di una casa, della possibilità di studiare, di curarci, di svolgere un lavoro dignitoso. E, assieme a questo, l’impegno delle nostre mamme in particolare per dare a noi figlie il diritto al lavoro, ai servizi sociali, alla pari dignità.
La lezione da ricavare per l’oggi e per il futuro
La loro esperienza e la nostra di oggi non sono paragonabili, ma il confronto ci può aiutare a riflettere. Noi che abbiamo potuto crescere e vivere senza grosse difficoltà, per la prima volta ci troviamo di fronte ad un’emergenza così grande e inaspettata, così travolgente da minare tutte le nostre sicurezze, facendoci sentire fragili e spaventati. Questa malattia ci fa paura perché non riusciamo a tenerla sotto controllo come siamo abituati a fare, ci infetta velocemente, ci costringe a ricoveri ospedalieri, a terapie intensive, veniamo curati da medici e infermieri tutti protetti come raramente ci era capitato di vedere. Chi l’ha provata, la descrive come una esperienza durissima, forse la più dura tra quelle che ha vissuto nel corso della sua esistenza. Partendo dalla consapevolezza che, quando la malattia ci tocca da vicino, le nostre difese ci possano umanamente abbandonare per far posto alla preoccupazione e alla paura di non farcela, proviamo a fare comunque tesoro di ciò che ci hanno insegnato i nostri genitori. Cerchiamo di affrontare le difficoltà, le restrizioni, le nostre solitudini, aiutandoci, sentendoci uniti, dando come e quando possiamo il nostro contributo. C’è chi è al fronte e combatte per noi una battaglia quotidiana. Non ci sono parole sufficientemente adeguate per esprimere loro tutta la nostra gratitudine e stima. Ma anche ciascuno di noi nel suo piccolo può fare qualcosa, fosse anche solo rispettando le regole o facendo telefonate frequenti ai nostri anziani, amici, conoscenti, magari soli, per chiedere: “Come stai? Se hai bisogno, io ci sono”. A volte due chiacchiere e la vicinanza fanno bene, aiutano a riempire i vuoti, a stemperare l’ansia. Quando tutto sarà completamente finito, non dovremo dimenticare in fretta, ricominciando la vita di prima. Cogliamo l’occasione di questo periodo in cui abbiamo tempo a disposizione, per pensare, per valutare ciò che nella vita è più o meno essenziale: quanta importanza hanno la competenza e la ricerca da parte degli specialisti così come il lavoro di cura di chi assiste giorno per giorno gli anziani, il valore delle relazioni umane, la collaborazione tra le persone, l’aiuto reciproco sia nel quotidiano che per affrontare questioni che riguardano la comunità.
Speriamo, anche se so che può sembrare un’illusione, che tutto questo ci aiuti anche a capire finalmente che al di là della nazione a cui apparteniamo, siamo tutti abitanti di questa terra e siamo incredibilmente legati gli uni agli altri, visto che è bastato un invisibile virus per farci salire tutti sulla stessa barca.
Il patto che dobbiamo stringere oggi credo sia quello di impegnarci tutti insieme per risolvere i problemi che ci saranno dopo l’emergenza, e non saranno pochi, dando ciascuno il proprio contributo. Anche il confronto politico, essenziale in una democrazia come la nostra, dovrebbe essere condotto a tutti i livelli con rispetto e in modo costruttivo, per ottenere il meglio, come seppero fare i padri costituenti. Lo dobbiamo ai tanti che in questa battaglia hanno perso la vita.