S.Ilario e Calerno alla battaglia del coronavirus
Intervista al Sindaco Perucchetti su come i cittadini stanno affrontando questa situazione inedita di emergenza: i comportamenti delle persone, il problema degli anziani soli, il senso di comunità che è emerso attraverso tanti gesti collettivi
(intervista di Mauro Poletti)
Sant’Ilario e Calerno sono alle prese con il coronavirus e con tutto ciò che comporta: la paura, i cambiamenti nella vita sociale, i comportamenti delle persone, i contagiati e, purtroppo, i morti. Ne parliamo con il sindaco Carlo Perucchetti che dal primo momento, assieme alla Giunta Comunale, ha seguito l’evolversi della situazione, in stretto contatto con la Prefettura e la Regione, curando l’attuazione in sede locale delle misure decise a livello nazionale e regionale.
Sindaco, come sta vivendo questo momento difficile per Sant’Ilario e per tutta l’Italia?
«L’epidemia di coronavirus si è manifestata nel Nord Italia in modo improvviso e ha costretto ad assumere in poco tempo misure straordinarie, mai prima adottate, che stanno incidendo profondamente sulla vita della nostra comunità e delle singole persone. Dalla chiusura delle scuole, si è passati alla chiusura di bar, esercizi commerciali, impianti sportivi, luoghi di ritrovo, parchi pubblici, fino ad arrivare all’arresto delle attività produttive non essenziali. Sono vicino, assieme alla Giunta Comunale, alle persone che soffrono; la nostra preoccupazione maggiore è quella di applicare con tempestività i provvedimenti assunti per arginare il contagio e di informare costantemente i cittadini sui comportamenti da tenere. Per questo, attraverso brevi video, mi rivolgo alla popolazione fornendo le informazioni essenziali e invitando tutti ad attenersi alle disposizioni che vengono via via emanate, innanzitutto quella decisiva di restare a casa per evitare il più possibile i contatti e la diffusione del virus».
Come hanno risposto i santilariesi e i calernesi?
«Direi molto bene. Hanno compreso la necessità delle misure adottate e accettato i sacrifici che tali misure comportano. C’è nella nostra comunità un senso civico radicato che è di grande aiuto per affrontare efficacemente situazioni eccezionali come questa in modo collettivo, attraverso comportamenti responsabili gli uni nei confronti degli altri. Anche i giovani stanno rispondendo bene al messaggio con cui mi sono espressamente rivolto a loro, invitandoli a rispettare i provvedimenti assunti per combattere il coronavirus e a restare a casa. Qualche problema lo abbiamo avuto con gruppi ristretti di ragazzi e giovani che continuavano a riunirsi nei parchi senza rendersi conto dei rischi di contagio che correvano e che facevano correre ai propri familiari. Interventi tempestivi e decisi dei carabinieri hanno contribuito a far rientrare anche questi comportamenti scorretti».
La situazione sanitaria come si sta evolvendo a livello locale?
«Come era inevitabile, anche S. Ilario e Calerno stanno vivendo l’evoluzione dell’epidemia che caratterizza il territorio reggiano. Finora si è manifestata un’evoluzione contenuta, ma resta naturalmente la preoccupazione per l’evoluzione futura e per una possibile impennata del numero dei contagi che potrebbe mettere a rischio la tenuta degli ospedali e soprattutto delle terapie intensive. Purtroppo abbiamo dovuto registrare già diverse vittime del Covid -19 anche a livello locale, persone che hanno dato tanto a Sant’Ilario e Calerno nell’attività d’impresa o nel volontariato. Colgo anche questa occasione per esprimere ai loro familiari il cordoglio e la vicinanza dell’Amministrazione Comunale».
Le persone anziane che vivono da sole sono senza dubbio quelle più penalizzate dalle misure restrittive adottate che aumentano inevitabilmente le loro difficoltà nell’usufruire dei servizi essenziali e il loro isolamento.
«Sì, esiste senza dubbio un problema riguardante gli anziani soli e abbiamo cercato subito di individuare soluzioni che alleviassero la loro condizione attuale. In particolare l’assessore Anna Giangrandi ha coordinato servizi sociali comunali e associazioni di volontariato come Croce Bianca, Oratorio Don Bosco e L’AggregAzione per assicurare agli anziani soli la consegna dei farmaci e della spesa a domicilio e per attivare un servizio di ascolto telefonico a cui gli anziani possono rivolgersi per colloquiare con i volontari e ricevere consigli e conforto. Anche in questa situazione il volontariato si sta dimostrando una risorsa preziosa e ai tanti volontari va il mio grazie a nome di tutti i cittadini».
Che cos’è che l’ha più colpita del comportamento dei nostri concittadini in questa circostanza eccezionale?
«Senz’altro il senso di comunità che sono riusciti ad esprimere grandi e piccoli anche in una situazione che si sarebbe potuta prestare all’isolamento individuale dentro le mura di casa. Un senso di comunità che si è espresso in tanti modi: le generose donazioni agli ospedali e alla protezione civile, l’esposizione ai balconi dei disegni dei bambini con l’arcobaleno e con la scritta “Andrà tutto bene” e quella delle bandiere tricolori come manifestazione di orgoglio per ciò che l’Italia, i suoi medici e i suoi infermieri in particolare, stanno facendo per fronteggiare l’emergenza. E poi, ancora, le diverse forme con cui, soprattutto i giovani, hanno manifestato i loro pensieri e le loro emozioni attraverso, ad esempio, la composizione di poesie o di canzoni, comunicandole agli altri attraverso i social. È un senso di comunità che ci sta aiutando ad affrontare meglio, tutti uniti, questa esperienza così inedita e inquietante».
Un’ultima domanda: l’emergenza che stiamo vivendo viene definita spesso una guerra. Pensa anche lei – che per suo interesse culturale ha studiato la Grande Guerra – che quella attuale possa essere considerata una guerra?
«Certamente quello vissuto cent’anni fa dagli italiani è stato un conflitto drammatico per chi combatteva in trincea e moriva e per chi a casa viveva in povertà e lavorava in condizioni molto dure. Un conflitto a cui nella sua fase finale si era sommata anche l’epidemia di “spagnola” che provocò ancora più vittime. Oggi le cose stanno ben diversamente: disponiamo di un sistema sanitario pubblico efficiente che è in grado di difenderci in modo efficace, le case in cui viviamo durante l’emergenza non sono confrontabili con quelle misere e inospitali di allora. Certo, dobbiamo convivere anche oggi con la paura, con la malattia e con la perdita di persone che ci sono care: è questo aspetto che ci fa parlare di guerra, una guerra che possiamo vincere se continuiamo a combatterla con lo stesso impegno che abbiamo profuso finora».