Immigrazione, il Governo sbaglia
La nostra intervista al deputato Matteo Mauri, Vicepresidente Commissione Affari Costituzionali alla Camera
(a cura di Marcello Moretti)
Seguendo con attenzione i media, sono molti i punti oscuri dell’accordo tra Italia e Albania per la costruzione in territorio albanese di due hotspot con una capienza complessiva di 3.000 posti.
Ma per quello che si è capito, grattando la vernice patinata con cui viene sintetizzato l’accordo, in realtà emerge che si spendono inutilmente un sacco di soldi che potrebbero essere sfruttati meglio sul territorio nazionale.
Ne parliamo con il parlamentare del Partito Democratico Matteo Mauri che recentemente, nell’ambito della campagna di incontri “Andar per Circoli” promossa dai deputati reggiani del PD Andrea Rossi e Ilenia Malavasi, è stato ospite al Mavarta per un’iniziativa sui flussi migratori.
Intanto serve una discussione (e una votazione) in Parlamento perché …
Perché non abbiamo letto nessun testo… mentre infatti il governo albanese lo ha pubblicato ufficialmente, il governo italiano non ha ancora emanato nessun atto ufficiale. Pertanto tutto quello di cui si parla sono screenshot e traduzioni dall’albanese… una situazione grottesca. Inoltre il governo sostiene che un’approvazione parlamentare non sarebbe necessaria: ma l’articolo 80 della Costituzione dice chiaramente che serve sempre il voto del Parlamento laddove gli atti bilaterali presentino impegni di spesa. Non ci vedo nulla di particolarmente problematico, se non il fatto che da un dibattito emergerebbero pubblicamente tutti i limiti della proposta e magari qualche differenziazione interna alla stessa maggioranza.
L’accordo è utile o no?
È inutile perché l’accordo prevede che i migranti rimangano nel centro al massimo per un mese, al termine del quale, svolti gli accertamenti, dovranno essere rimpatriati nel Paese di provenienza oppure trasferiti in Italia. Sappiamo che dall’Italia vengono rimpatriati pochi migranti all’anno (perché mancano gli accordi con i paesi di provenienza), quindi nell’ipotesi più probabile l’Albania sarà solo una tappa in più prima di tornare in Italia. Peraltro se si considerano i numeri (sulla base degli arrivi di quest’anno) la riduzione della pressione sulle nostre comunità sarebbe irrisoria perché 145.000 arrivi meno 3.000 (consideriamo la riduzione pari alla capienza di un mese perché poi devono andare via e quindi tornano in Italia) fa 142.000, il che non mi sembra che cambi molto per le nostre comunità.
L’accordo è dispendioso?
Si, perché finanzieremo un altro Paese con fondi che potremmo usare in casa nostra.
Noi insistiamo sul fatto che occorre investire nelle comunità locali per alleviare l’impatto di
un fenomeno che è un fenomeno strutturale che richiede controlli e servizi sul territorio e non l’abbandono delle persone a se stesse secondo dinamiche che generano tensioni e conflitto. Tutto questo con minori problemi logistici e minori complicazioni di carattere diplomatico.
In prima battuta il governo italiano stanzierà 16,5 milioni di euro per le prime spese, ma poi sarà creato un fondo di garanzia che serve a pagare le spese a carico del governo albanese che possono insorgere e che sicuramente ci saranno. Si parla di 100 milioni, ma è una stima arbitraria e temiamo solo iniziale, perché agli albanesi andrà rimborsato il 100 per cento delle spese via via sostenute. Noi pensiamo che le risorse vadano spese sui territori italiani per servizi scolastici e sanitari, controlli, mediatori culturali, servizi volti a favore la convivenza e la legalità nelle comunità e di cui beneficerebbero anche i cittadini italiani.
Perché l’accordo non serve a mettere pressione all’Unione Europea?
Perché se fosse così, è un messaggio che comunque dimostra solo debolezza. L’Unione Europea ha molte colpe, ha lasciato sola l’Italia in diversi frangenti. Però l’Italia è uno dei Paesi fondatori della Ue e dovrebbe recuperare forza contrattuale per pretendere il rispetto che merita. Il problema reale resta l’accordo di Dublino secondo il quale il Paese di prima accoglienza si fa carico della gestione del migrante. Finché non si cambia (e al cambiamento si oppongono i governi sovranisti alleati di Meloni) ogni nostro strepito è assolutamente inutile.