50 anni di Nido Girotondo
Nel giugno del 1972 veniva inaugurato il Nido di Sant’Ilario, tra le primissime strutture in Regione. L’assessore alle politiche educative Viviana Tanzi: “Grandissimo impatto sociale e pedagogico”
Il 2 giugno del 1972 apriva ufficialmente il Nido Girotondo a Sant’Ilario, tra i primissimi in Regione, dopo il primo a Bologna e il secondo a Reggio Emilia. Sant’Ilario all’epoca stava vivendo una forte espansione, con la nascita di diverse realtà industriali e con l’attrazione di tante famiglie dalla montagna. Famiglie che non potevano più contare sulla rete allargata tipica delle comunità contadine, e che avevano bisogno che entrambi i genitori fossero occupati per poter provvedere ai bisogni della famiglia. Obiettivi del Girotondo, che accolse 20 bambini il suo primo giorno, erano “realizzare lo sviluppo psicosomatico del bambino, garantire alla donna il diritto di mantenere il posto di lavoro, contribuire a mantenere l’unità familiare”.
“I termini utilizzati e le motivazioni portate ci riportano ad un periodo in cui la concezione di infanzia e di famiglia era molto diversa – così l’assessore alle politiche educative del Comune di Sant’Ilario Viviana Tanzi, che prosegue – cinquant’anni di cambiamenti sociali, culturali ed educativi ci separano da quel periodo. Il nido come istituzione nacque affinché le donne potessero lavorare lasciando i figli piccoli in un contesto di cura appropriato. Ma ancora mancavano le basi per ‘scoprire’ i bambini di pochi mesi fuori dai contesti domestici. Più chiaro l’obiettivo di potere garantire alle madri la possibilità di lavorare sentendosi moderatamente sicure che il proprio piccolo sarebbe stato adeguatamente curato. Il terzo obiettivo è il più carico di implicazioni culturali. Il nido contribuisce a mantenere l’unità familiare mettendola al riparo dal rischio di implosione tra necessità di lavorare, diritto alla maternità e timore di causare vissuti di abbandono da parte dei piccoli. Cinquant’anni di esperienze, di studi e ricerche sull’infanzia, di cambiamenti nelle dinamiche familiari e soprattutto di modalità educative hanno reso il Nido una delle istituzioni più care al paese. Apprezzata, valorizzata e fortemente difesa fino a conquistarsi un posto tra i servizi essenziali alla persona”.
Il Nido non è stato solo un servizio alla persona ma anche un grande laboratorio nel quale si sono potute studiare le abitudini e le capacità dei bambini: “Credo che il Nido sia uno dei servizi che più di molti altri è stato rivoluzionario – conferma Tanzi -. Nato sotto il segno dell’autonomia e della volontà di scelta delle donne di programmare il loro destino, coniugando i desideri materni con quelli professionali, abbia in realtà consentito di scoprire e capire l’Infanzia. Non sapevamo quasi nulla delle competenze dei bambini molto piccoli: gli studi, prevalentemente medici, si concentravano su stadi e tappe che ne descrivevano le fasi fondamentali di crescita. Ma della psicologia, della intensa volontà di scoperta, dell’innata e mai sazia curiosità dei piccoli di pochi mesi nulla si sapeva. Si temeva che la separazione dalla madre per ore potesse nuocere perché il suo mondo iniziava e finiva con la mamma. Ma quanto errata era questa convinzione! I piccoli sono tra gli esploratori più coraggiosi ed insaziabili. Abbiamo scoperto che ci osservano, ci comprendono e ci anticipano in molte occasioni. Abbiamo capito che il mondo sociale dei bambini di uno o due anni è ricchissimo, che apprendono per imitazione prima e per comprensione dopo sia con i coetanei che con gli adulti. Col nido abbiamo in sostanza scoperto l’infanzia!”