Ci ha lasciato Liano Fanti, ultimo partigiano di Sant’Ilario, giornalista e scrittore
Un affettuoso ricordo della nipote Silvana Poletti
Non sono occhi neutri quelli che guardano alla vita di mio zio Liano, sono quelli di una nipote che gli voleva bene. Il racconto viene da tante condivisioni e narrazioni di Liano stesso, di mia zia Anna, sua moglie e mia mamma Leda. Liano nasce al Gazzaro il 27 novembre del 1925, due anni dopo suo fratello Aldo, suo padre Giuseppe lavora alla fornace di S. Ilario come fuochista e sua madre Dirce Salvatori svolge lavori domestici a casa dei Cantarelli. Durante gli anni della guerra, quando tanti giovani combattono i tedeschi e i fascisti e si organizzano in quella che sarà la lotta di Liberazione, Liano tramite suo zio Settimo, si mette in contatto con Orlando Mazzali, noto antifascista, per fare la sua parte.
È a casa di Orlando che incontra Anna, sua figlia minore, che diventerà poi sua moglie. Liano si unisce ai partigiani di S. Ilario, arrivando anche a compiere azioni temerarie e pericolose come quella di disarmare un tedesco nei pressi della stazione di S. Ilario. Nel periodo della guerra lavora come tornitore a Reggio alle Officine Reggiane dove si reca ogni mattina con la sua bicicletta. Finita la guerra, nel clima di ricostruzione, per favorire la crescita culturale viene data a giovani partigiani, la possibilità di studiare nei Convitti Rinascita, centri di scolarizzazione e formazione che funzionavano come collegi. E così che Liano, dopo aver frequentato le scuole dell’obbligo, va a studiare a Roma. I suoi insegnanti sono tra le eccellenze culturali della sinistra in quegli anni: Cesare Musatti, che portò la psicanalisi in Italia, Lucio Lombardo Radice, insigne matematico, Albe Steiner, grafico, e Nicolò Gallo, insegnante di lettere. Fu un’esperienza importante sia per la sua formazione sia per capire quale strada seguire, che divenne quella della scrittura.
Nel 1955 Liano si sposa con Anna e si trasferisce dopo poco a Reggio dove lavora alla redazione locale dell’Unità. Liano, dopo l’esperienza antifascista, è nell’area del PCI, ma solo per breve tempo, i fatti di Ungheria del 1956, con la rivolta antisovietica scatenata nel paese socialista e repressa dall’ URSS, allontana Liano e tanti altri dal PCI, che non prese le distanze e non si dissociò. Liano troverà poi riferimento nel Partito Socialista. Nel 1960 vive una vera e propria tragedia familiare: dopo aver perso il padre anni prima, muore improvvisamente suo fratello Aldo e dopo pochi giorni muore la madre.
Agli inizi degli anni ‘60 Liano ed Anna si trasferiscono a Milano e Liano inizia quella che sarà la sua più lunga collaborazione di lavoro presso la redazione milanese de L’Avanti, il quotidiano del Partito Socialista Italiano. Un bel salto, soprattutto se pensiamo al Gazzaro da cui era partito. L’esperienza del Convitto aveva però dato strumenti a Liano, affinando il suo sguardo critico e favorendo tante letture della migliore letteratura, che riusciranno a dare alla sua scrittura un che di moderno, evitando ogni retorica e ogni sguardo unidirezionale.
All’Avanti, Liano lavorerà fianco a fianco a giornalisti del calibro di Walter Tobagi, da lì a poco ucciso dalle Brigate Rosse, di Massimo Fini e Arturo Viola, suo grande amico. Nel 1962 nasce il figlio che verrà chiamato Aldo come il fratello. Dal 1976 poi Liano si sposta nella redazione di Roma, A Roma rimane vittima di un attentato dei fascisti, una bomba in una libreria Feltrinelli, che gli procura alcuni mesi di immobilità.
La scrittura ha dato a Liano la possibilità di esprimere il suo punto di vista sul mondo, di seguire la sua passione politica e partigiana, e di scandagliare i fatti e gli avvenimenti della sua terra d’origine attraverso numerosi libri, tra i più noti: “S’avanza uno strano soldato”, genesi del brigatismo rosso reggiano attraverso interviste ai protagonisti; “Una storia di campagna. Vita e morte dei fratelli Cervi”, in cui radicalizza le posizioni critiche verso
l’operato del PCI sviluppando la sua personale ricostruzione della famosa e tragica epopea dei 7 fratelli; “Nilde Iotti Signora del Palazzo”; “Le ragioni dei vinti” (con Rossana Maseroli), sul cosiddetto ‘triangolo rosso’ e l’immediato secondo dopoguerra. Terminata l’attività lavorativa, Liano e Anna tornano ad abitare a S. Ilario nel 2008.
L’immagine che vorrei restituire di Liano è quella di un uomo che si è fatto da solo, un uomo di cultura, profondamente interessato alla politica e alla sua epoca. Un uomo un po’ introverso, ma sempre pronto al dialogo e al confronto, un ricercatore poliedrico, un anticonformista restio agli inquadramenti, dissacrante e ironico. Liano era un uomo buono e generoso e non solo noi familiari che gli siamo stati vicini negli ultimi anni di malattia, ma anche chi lo ha assistito con tanto rispetto e amore, lo ricordiamo come una persona affettuosa e gentile. Ci ha lasciato un grande vuoto nonostante l’età e i cambiamenti della malattia e un esempio di come affrontare la vita anche nelle sue difficoltà.