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Ti consiglio un libro: “L’arminuta” di Donatella di Pietrantonio

Il toccante racconto di un doppio abbandono, da leggere con il cuore aperto e gli occhi spalancati sui bisogni dei figli.

(a cura di Claudia Belli)

«Ero l’arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza». È l’estate del 1975, una ragazzina di tredici anni viene riportata dalla famiglia d’origine della quale ignorava l’esistenza. Quando ho letto questo libro, mi sono immersa nel mondo dell’assenza, del vuoto che genera il ritrovarsi improvvisamente senza i riferimenti basilari che, normalmente, i genitori dovrebbero rappresentare. Questo libro descrive crudamente una realtà comune in molti paesini italiani e, nel leggerlo, si viene colti dal senso di stupore di fronte a certi accadimenti che segnano la vita intera di una ragazzina che perde stabilità e amore. Si ritrova catapultata in una realtà nella quale non si riconosce, cercando disperatamente di cogliere il senso di questo repentino cambiamento di vita e, soprattutto, di trovare un posto in quella pseudo famiglia nella quale povertà, ignoranza, brutalità, sembrano essere gli unici pilastri sui quali è fondata.

Una mamma amorevole che improvvisamente la manda via e un’altra, quella biologica, che di materno sembra non avere nulla. Pochi episodi sembrano portare alla luce tratti materni che si accompagnano a momenti di disperazione e vani tentativi di dialogo con quella figlia cresciuta lontano e tornata contro la sua volontà, che fa fatica ad adattarsi in una casa che non sente sua, nella quale non sente più il profumo delicato della primavera in riva al mare. A quella nuova realtà, l’arminuta deve abituarsi, non si rassegna a non sentire più il suono del mare col quale si addormentava e che viene sostituito da rumori e odori invadenti e fastidiosi a causa dei quali non riesce a prendere sonno. Gli unici a farla sentire accettata sono la sorella Adriana, piccola ma già grande per necessità, consapevole della situazione familiare e della freddezza genitoriale che affronta con coraggio, come una piccola donna. Poi, c’è il fratello Vincenzo, vittima della insensibilità paterna e della povertà nella quale sono costretti a vivere. Condizioni, queste, che lo portano allo sbaraglio, alla voglia di procurarsi denaro, benessere e cibo per suoi fratelli, quasi sfidando il padre, secondo lui incapace di provvedere ai bisogni della famiglia.

Donatella di Pietrantonio descrive con parole precise la condizione dolorosa che l’assenza del calore materno genera: “Nel tempo ho perso anche quell’idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure.”

L’ arminuta è senza dubbio un libro da leggere con il cuore aperto e gli occhi spalancati sui bisogni dei figli. Ci consente di comprendere dinamiche psicologiche che si innescano in determinate condizioni e le tragiche conseguenze alle quali, spesso, si arriva ignorandone l’esistenza, oppure non riuscendo a coglierne la gravità.
Il sottofondo narrativo ripercorre le diverse tappe di adolescenze con profonde spaccature esistenziali e si presenta urgente la necessità di sopperire a tali mancanze, con educazione genitoriale e sostegno alle famiglie. Donatella di Pietrantonio è certamente una delle voci più potenti della nostra narrativa e mi auguro che continui ancora a parlarci a lungo.

L’ ARMINUTA
Donatella di Pietrantonio
Edizioni Einaudi, 176 pagine

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