
Trovare la pace senza rinnegare i nostri valori
L'intervento di Graziano Delrio, senatore del Partito Democratico, sul ruolo dell'Unione Europea e la drammatica situazione internazionale

(di Graziano Delrio)
L’Europa è in crisi: può morire o vivere. Draghi ha lanciato un appello: è ora di agire, non solo di parlare. Von der Leyen ha annunciato che è l’ora di un riarmo europeo. La Presidente del Consiglio non ha ritenuto utile venire in Parlamento prima del vertice di ieri per esprimere una posizione più possibile condivisa in Europa. Un errore grave. Non si tratta qui di alimentare contrapposizioni con l’alleato americano ma di prendere atto, come ha detto il futuro cancelliere tedesco Merz, che l’indipendenza europea è l’orizzonte, anche all’interno dell’alleanza atlantica.
L’Europa può contare solo sulle proprie forze. Le alleanze sono fondamentali, ma non possiamo più permetterci il lusso di dipendere da altri per la nostra sicurezza. La questione della difesa europea si è fatta urgente ma sulle scelte concrete pesano limiti di visione strategica perché lo strumento militare è appunto uno “strumento” della politica estera: non un fine ma un mezzo. E pesano limiti nei processi decisionali: l’unanimità e il metodo intergovernativo sono un fardello insopportabile per chiunque abbia a cuore una democrazia europea decidente e non solo formale. Solo il Covid ha reso l’Europa capace di decidere. Ma subito dopo siamo tornati daccapo con la politica UE divisa in due posizioni: tifosi della spesa militare a tutti i costi e tifosi del pacifismo e della spesa militare mai.
I primi dicono che bisogna riarmare subito i singoli Stati portando le spese militari al 3% del Pil e aumentando la flessibilità del patto di stabilità. Oggi i 27 Stati UE già spendono di più rispetto alla Cina o alla Russia. L’Osservatorio dei Conti Pubblici ha riportato che la spesa militare nel 2024 per i soli paesi UE è stata di 547 miliardi di dollari internazionali restando più elevata di quella russa del 18,6% che è ferma a 461 miliardi. Nonostante ciò la capacità di deterrenza e di risposta alle minacce, è altamente inefficace. La frammentazione porta alla mancanza di standardizzazione e di interoperabilità degli equipaggiamenti. Gli Stati UE operano con 12 tipi di carri armati mentre gli Stati Uniti ne producono uno solo. Non solo, ma le spese dei 27 paesi dell’Unione finiscono per il 78% ad alimentare industrie extra UE, il 63% negli USA: Trump non a caso insiste su aumenti subito della spesa UE. Si è speso per la ricerca in settori tecnologici strategici, che sviluppano innovazioni militari e civili circa 10,7 mld nell’Unione e 130 mld negli USA. Spendere di più e subito senza favorire aggregazione della domanda UE, cooperazione stretta delle diverse industrie nazionali, coordinamento militare, ricerca innovativa in nuove tecnologie comuni ad uso anche civile sarebbe semplicemente inutile per la sicurezza dei cittadini europei. Anche i tifosi dovrebbero ammettere che la spesa “a prescindere” porta alla sconfitta.
I pacifisti ribadiscono con forza che in un momento di fratture sociali ed economiche non è possibile allontanarsi dalla via, peraltro lungimirante, della cooperazione fra popoli che erano nemici. Non il riarmo è realistico ma il dialogo ed il coraggio di resistere alla corsa agli armamenti. Ma vi sono almeno due elementi che richiedono a noi (ammetto la colpa!) pacifisti un cambio di scelte. Il primo sta nel cambiamento epocale in corso con il ritorno di logiche imperiali in Russia, in Iran, in Turchia e negli Stati Uniti con Trump. Questi cambiamenti trovano una UE irrilevante dal punto di vista geopolitico. Abbiamo avuto protezione senza pagarla dagli USA per 70 anni ma oggi siamo costretti ad assumerci il conto di una politica autonoma di sicurezza. Che non si può ritenere tale se non basata sulla diplomazia e il multilateralismo ma anche sullo strumento di difesa. “Finché l’uomo rimane l’essere debole e volubile e anche cattivo, come spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo” (Paolo VI). La pace non è mai a buon mercato. Nelle relazioni internazionali la potenza è indispensabile e dobbiamo recuperare sovranità e potenza non nazionale ma europea.
Il secondo elemento sta nell’estrema gravità di quello che è successo in Ucraina. Non è possibile nessuna equidistanza. La Pace non è indifferenza verso l’ingiustizia o arrendevolezza alla prepotenza. Resistere all’aggressore non significa dimenticare che la politica e non le strategie militari ha il compito di costruire il futuro. Avevamo assistito in Europa al declino della guerra e a una nuova era di pace. Quel periodo è finito. Dobbiamo cambiare strategia senza negare l’identità che ha costruito l’Europa. Se le tifoserie saranno in grado di cambiare realisticamente almeno una parte della loro visione forse l’Italia potrebbe aiutare l’Europa a ritrovare quella via di sicurezza e pace che oggi pare smarrita.