
Eccidio di Ponte Cantone, una commemorazione sentita e partecipata
L'evento di domenica scorsa a Calerno ha ricordato il massacro fascista del 14 febbraio 1945: un momento collettivo di raccoglimento e commozione, ma anche di riflessioni proiettate all'attualità.
C’erano tanti cittadini domenica scorsa nella località calernese di Ponte Cantone sulla Via Emilia, erano lì per ricordare la barberie avvenuta in quel luogo il 14 febbraio 1945, per testimoniare la brutalità disumana del regime nazi-fascista. Per ricordare, ma anche per riflettere sul presente e sul futuro. A Calerno il 12 febbraio del ’45 una squadra partigiana della 12° Brigata Garibaldi attaccò un gruppo di soldati tedeschi. Come immediata rappresaglia, la Polizia Tedesca SD prelevò dalla carceri di Parma venti patrioti; trasportati a Ponte Cantone, furono fucilati il 14 febbraio nei campi innevati. Ogni anno da allora S.Ilario ricorda l’evento con una cerimonia che si tiene davanti al monumento eretto nel luogo del massacro. Un momento di raccoglimento e condivisione cui partecipano le famiglie, le istituzioni, le sezioni ANPI e le associazioni locali, le scuole, i Sindaci della Val d’Enza, i rappresentanti dei territori da cui provenivano i caduti, in maggior parte originari delle province di Parma e Piacenza.
Gli interventi del Sindaco di Sant’Ilario Moretti e di alcuni giovani di Sant’Ilario e Calerno, nel ricordare il tragico eccidio, hanno voluto approfondire con parole non scontate, e proiettate all’attualità, cosa ha significato il ventennio fascista, ma soprattutto cosa può insegnarci ancora oggi la storia e l’esperienza della Resistenza.
Un estratto dell’intervento del sindaco Marcello Moretti: “la Resistenza è stata un fenomeno europeo. Ci sono stati eccidi in tutto il continente per un totale di circa 500mila morti in tutti i Paesi invasi dalle forze di occupazione. Una Resistenza capace di passare dallo spontaneismo dei primi momenti ad una situazione più organizzata, grazie ai sindacati e ai partiti politici. E capace di coniugare la Liberazione con i cambiamenti sociali anche profondi, anche con scontro di classe, anche nelle forme di governo dei Paesi. Ma sono stati anche in grado di gestire sia le situazioni locali sia i rapporti con gli alleati e le nuove grandi potenze che perseguivano i loro obiettivi non sempre coincidenti con quelli della Resistenza. Un movimento, quello della Resistenza, sempre in grado di gestire questi rapporti restando autonomo. Allo stesso modo noi europei oggi dobbiamo riconoscere le nuove grandi potenze che perseguono i loro obiettivi. E allo stesso modo dobbiamo avere la nostra autonomia e porre i nostri obiettivi all’interno di un sistema di alleanze senza diventare tifosi da stadio, un atteggiamento che non ci porta da nessuna parte”.
Una delle riflessioni dei giovani di S.Ilario e Calerno: “siamo partiti da una domanda che in questo periodo è una costante: è ancora necessario dichiararsi antifascisti? Dopotutto è un dato di fatto che il fascismo come dittatura sia finita 80 anni fa, si potrebbe dunque pensare che si tratti di una dichiarazione anacronistica. Beh, noi non vediamo l’ora che non sia più necessario dichiararsi antifascisti, non vediamo l’ora che dichiararsi antifascisti sia anacronistico. Eppure ad oggi non lo è. Non lo è perché alcune persone dicono che si stava meglio quando a governare era Mussolini, che ha fatto anche tante cose buone, perché ci sono ad Acca Larenzia o Predappio manifestazioni tenute da “camerati”, perché ci sono manifestanti che vengono manganellati e schedati colpevoli di esprimere idee contrarie a quelli di chi li governa, perché sono stati hackerati i cellulari di giornalisti e oppositori del Governo e la notizia è passata in sordina, perché oggi più che mai in Europa e nel mondo stiamo assistendo ad un ondata totalitarista che rischia di annientare tutto ciò che in questi anni è stato faticosamente costruito e per cui si è incessantemente combattuto”.