“Un viaggio che resterà sempre dentro di noi”
Le riflessioni di tre giovani ragazze intervenute lo scorso 25 aprile alle celebrazioni della Liberazione ricordando il loro viaggio della memoria di un anno fa a Mauthausen.
Pubblichiamo gli interventi di Giulia, Elisabetta e Aurora, tre ragazze santilariesi intervenute lo scorso 25 aprile al Piccolo Teatro durante le celebrazioni della Festa della Liberazione. Le loro riflessioni riguardano il Viaggio della Memoria del Maggio 2023 realizzato dagli alunni delle classi terze della Scuola media “Da Vinci” organizzato da Anpi S.Ilario e Agenzia Viaggi Cittàperte. Riflessioni che testimoniano che importante impatto può avere un’esperienza così toccante e densa di significati su giovani aolescenti che vogliono capire la storia, per non dimenticare.
L’anno scorso io e altri miei compagni abbiamo avuto l’opportunità di partecipare al viaggio d’istruzione della durata di tre giorni in Austria con la Scuola secondaria “Leonardo da Vinci”. In quella occasione abbiamo fatto visita al campo di concentramento di Mauthausen dove, nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, vennero rinchiusi e sottoposti a continui sforzi e torture persone europee, prevalentemente di religione ebraica. La Shoah, così è definita la persecuzione di quel periodo, è stata la pagina più brutta del secolo scorso. Avendo visto già numerosi film e documentari e avendo letto diversi libri che si basavano sulla storia e sullo sterminio degli ebrei, arrivare in un campo che in quel periodo aveva ospitato persone perseguitate mi ha suscitato diverse emozioni. Un mix di rabbia, di rancore, di tristezza, ma anche di paura, perché d’altronde siamo nati solo in un secolo diverso, ma in questo preciso momento sta accadendo di nuovo la stessa strage, di nuovo lo stesso errore, per una seconda volta. Ho sempre sperato che questi argomenti li avrei solo dovuti studiare sui libri di storia, invece nell’ultimo periodo, mio malgrado, sto, anzi stiamo assistendo allo sterminio di intere popolazioni. Non sempre la storia insegna a non commettere abomini, a non odiare. La storia è un continuo ripetersi di fatti sempre uguali. Coloro che non conoscono la storia sono condannati a ripeterla e, quando si ripete, la posta in gioco raddoppia. Per non dimenticare.
Giulia Mosca, 14 anni
Quasi un anno fa, ho avuto la possibilità di partecipare al Viaggio della Memoria organizzato da Anpi, a Mauthausen. Un anno è molto in confronto ai tre giorni passati in Austria, ma ve ne parlo oggi come fossimo tornati ieri, tanto mi è rimasto impresso tutto ciò che abbiamo visto, visitato e imparato. C’è tanta informazione sui campi di sterminio, tutti ne abbiamo sentito parlare, magari nelle giornate dedicate alla memoria, in classe o in tv; probabilmente ognuno di voi ha letto dei libri sull’argomento, visto dei film, dei documentari, o semplicemente ascoltato una canzone che ricordi quei tragici avvenimenti. Sentendone parlare tanto e avendo molte possibilità per documentarci, potremmo pensare di essere in grado di comprendere veramente ciò che è successo, anche da qui, senza bisogno di 8 ore in pullman. Effettivamente nemmeno io mi rendevo davvero conto di cosa avrebbe significato trovarsi in quei posti di cui avevo tanto sentito parlare. Nessun libro, film, documentario o canzone mi avrebbe mai potuto preparare alle emozioni che una visita del genere provoca. Gli esempi da fare sarebbero tanti, ma una delle cose che mi ha colpito di più in assoluto è stata l’ultima stanza del percorso nel campo, in cui erano scritti i nomi di tutti i morti a Mauthausen. Se vi dicessi che a Mauthausen sono morte centomila persone, per la vostra mente sarebbe un generico numero, per quanto grande, ma vedere scritti in un’unica stanza tutti i loro nomi, dal primo all’ultimo, dà davvero la concezione della quantità sterminata di vite strappate dall’odio e dalla violenza. Si dice che gli eventi che ricordiamo di più siano quelli che ci hanno provocato le emozioni più intense. Per la mia esperienza, a distanza di un anno posso dire che il Viaggio della Memoria ha raggiunto il suo scopo.
Elisabetta Colli, 15 anni
Il cervello umano non è il più semplice, ma il più complesso e incasinato che la scienza abbia mai studiato, e il suo pensiero è qualcosa di bello come brutto. Entrare a Mauthausen e leggere le centinaia di nomi di chi non ha potuto scegliere del proprio destino mi ha mostrato quanto l’uomo possa essere crudele se determinato, ma debole se spaventato. Tutti nel paese circostante al campo sapevano che giorno e notte lì, tra quelle mura grigie, si consumava la conseguenza dell’egoismo umano, la mancanza di empatia che ci rende superficiali, ma nessuno ha mai agito concretamente nonostante, forse, il dispiacere che in cuore loro provavano. L’Olocausto ci ricorda ancora una volta che la storia non è fatta di se o di ma, ma di azioni che una volta compiute non possono più essere cambiate. Il 27 gennaio ci chiede di fermarci per un giorno a ragionare su ciò che abbiamo visto i restanti 364 giorni dell’anno, perché i campi di concentramento non sono più in funzione, ma questi sono partiti da noi e solo con noi possono finire, anche nelle azioni quotidiane, perché, come le guerre o il cambiamento climatico, tutto può cominciare con uno o un paio, ma niente finisce senza l’impegno di tutti.
Aurora Franzoni, 15 anni