EVENTIPRIMO PIANO

La libertà non è mai acquisita una volta per tutte

Tanti cittadini quest'anno in piazza e al Piccolo Teatro per le celebrazioni del 25 Aprile, in un clima particolarmente intenso, attento ed emozionante. Una festa bellissima.

(di Giordano Colli)

Ieri è stata una giornata particolarmente bella ed emozionante per S.Ilario, di quelle che rimangono impresse e non scivolano via in modo abituale o retorico. Le celebrazioni della Festa della Liberazione, il corteo fino a Piazza Repubblica e la manifestazione all’interno del Piccolo Teatro, hanno reso evidente un clima di grande attenzione e intensità, un clima di sincera passione civile e ideale. Quando si percepisce tutto questo, quando risulta chiaramente che dietro i riti, le parole e le rappresentazioni c’è una sostanza viva e reale, allora è bello poter pensare quanto sia ancora giusto e necessario celebrare ciò che è importante celebrare, e ricordare ciò che è essenziale ricordare. Perchà la libertà non è mai acquisita una volta per tutte.

Da questa intensa giornata vogliamo portarci a casa e rileggerci ancora alcuni estratti del discorso del 1955 agli studenti milanesi di Piero Calamandrei, grande giurista e padre costituente, letti dal Sindaco Perucchetti ieri al Piccolo Teatro durante la manifestazione. Quello di Calamandrei fu un discorso appassionato e ancora oggi attualissimo, illuminante nell’indicare alla nostra Repubblica la strada della democrazia e la perseveranza per la libertà.

“La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, e se la lascio cadere non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. La libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane. Quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Giuseppe Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Carlo Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Cesare Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani… ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze. Quei giovani hanno dato la vita perché libertà e giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa potrebbe sembrare una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.

Piero Calamandrei, 1955

 

Mostra di più

Articoli Correlati