Vini e vinile: Sempre Nomadi e un Lambrusco Nobili
Fra pandemia e guerra, fra tanti problemi e tante domande che cercano risposte Paolo Montanari, la voce dei Ma Noi No, band tributo ai Nomadi, ci parla del "suo" disco, che accostiamo a un buon bicchiere di sincero Lambrusco calernese Nobili
(di Massimo Bellei)
Paolo, tu che in fondo di questo vivi e lavori, dicci cos’è l’ascolto della musica…
E’ un momento di riflessione, di informazione. Ha assunto per me una luce diversa da quando da 20 anni a questa parte ci lavoro. Io sono in radio ogni mattina (Radio Circuito 29) e per circa tre ore propongo musica, cerco sempre però di non banalizzare. Quando devo scegliere cerco di restare collegato, vado a dormire pensando con quale canzone aprire il mattino dopo.
E’ importante anche contestualizzare il momento storico nel quale si vive. Che non significa, ad esempio adesso, parlare sempre di guerra, ma magari dare l’occasione di qualcosa che “ti porti via” per qualche minuto. Fare in modo che le canzoni possano essere un’alchimia che portino una riflessione, un disincanto in modo abbastanza costante, accompagnandoti. Magari non ci sarò sempre riuscito, ma il mio approccio verso la musica è questo.
Si dice che leggendo molto si impara a parlare, si conosce il mondo e le persone.
Anche per la musica è così?
Sì certo. Quelli della mia età hanno sposato molto il cantautorato (non si sapeva e studiava l’inglese in modo diffuso come oggi) e quindi c’era tutta una serie di concetti e terminologie che ci hanno formato. Credo che i libri servano di più, e forse la musica oggi ha perso molto questo aspetto perché ha perso il supporto fisico, ha perso appunto il vinile. Comprare un disco voleva dire prenderlo in mano, aprire la sua protezione di sicurezza, andare dentro, aprire il booklet e leggere i testi. Una volta forse era maggiormente funzionale perché il disco era un po’ “il libro”.
Anche se la musica ha ancora il potere di convogliare: una canzone di protesta può avere ancora più valore e impatto di un intero convegno: una canzone, se parte, arriva, è un sasso. Lo diceva una volta Augusto Daolio, che la canzone è una specie di focolare a cui la gente si trova intorno. Intorno a un racconto che tu devi essere capace di gonfiare e sgonfiare, perché la gente ci resti attaccata: era e rimane un momento rituale. Il disco aveva un certo costo, si poteva graffiare, per cui la cura di questo oggetto portava a dare un valore a tutto quello che rappresentava l’oggetto. Credo sia un po’ così anche per il libri, il libro è meglio del digitale: avere uno scaffale di libri o di dischi, che sono lì con te, ti proteggono.
Veniamo al tuo “vinile della vita”.
E’ “Sempre Nomadi”, del 1981, per diversi motivi. Io ho incrociato i Nomadi qualche anno prima: avevo una scatola, di quelle di latta che contenevano i biscotti, e ci tenevo i 45 giri. Avevo Goldrake, Jeeg Robot d’acciaio, Braccio di Ferro, Orzowei (avevo 10 anni e quelli erano i miei ascolti di bambino). Ma mio fratello era un consumatore di musica importante: dagli Abba, ai Santa Esmeralda, a Santino Rocchetti, alle Orme, Billy Joel. Ho imparato a conoscere un grande panorama “sulle spalle” di mio fratello. “Album Concerto” di Guccini e i Nomadi mi ha creato una situazione “devastante” per i miei dieci anni. Non potevo comprendere quei testi, ma quell’insieme di parole e sonorità mi ha procurato sensazioni incredibili. Credo fosse qualcosa che mi aspettava. Quindi la passione per I Nomadi e Guccini parte da lì: mi metto ad ascoltare i dischi precedenti, e poi nell’81 esce “Sempre Nomadi”. E’ il primo disco che mi compro, con la mia paghetta. Entrando al Rock Dream di Speedy di Novellara che allora per noi era un’icona della musica, un negozio mitico, storico. Me lo ricordo ancora: io gli dò i soldi, lui mi dà il disco e io lo porto a casa in treno, con il terrore che qualcuno me lo potesse rovinare…
Mi ha fatto sentire grande, e ha spostato la mia esistenza: da lì in poi vedo il mio primo concerto dei Nomadi lo stesso anno (che proponeva proprio il disco) e poi tutto il resto. Per me quel vinile è una sliding door: non posso sapere cosa sarebbe stata la mia vita senza quel disco, ma so esattamente cosa sono stato con quel disco: mi ha spostato tutto. Non è il più bello, né dei Nomadi né in generale, ma è quello lì.
Ed ecco il disco (vedi foto).
Sì è proprio lui, quello comprato nell’81. E’ molto rovinato, ci ho anche fatto degli scarabocchietti, è lui. Tra l’altro “Sempre Nomadi” è diventato un brand che dura ancora oggi.
Bene, non rimane che estrarre il disco, così com’è con tutti i suoi anni e le sue rughe e graffi. Metterlo sul giradischi. Per godercelo? Un bicchiere di Lambrusco dell’Emilia della azienda Nobili di Calerno. Un rosso sincero, a chilometro più che zero, che sa accompagnare, e ricordare che siamo terra, passione; siamo Emilia e, in fondo, siamo tutti un po’ Nomadi.
L’Azienda agricola Nobili si trova a Calerno, al Partitore. E fa il vino buono. Paolo Montanari è la voce dei Ma Noi No, band tributo ai Nomadi. Lavora da anni nella musica, in radio e nel settore degli spettacoli.