PRIMO PIANOSANT'ILARIO COM'ERA

Come una Fenice: l’incendio e la rinascita della cooperativa

di Giorgio Casamatti

Quest’anno ricorre il centenario dell’incendio della nostra cooperativa: una delle prime e più violente azioni con cui il regime fascista ha cercato di seminare il panico tra i suoi oppositori politici per poterli sbaragliare. Anche nei paesi limitrofi le squadracce di camicie nere si erano macchiate di provocazioni e intimidazioni ai danni di inermi cittadini, ma a S.Ilario la ferma resistenza di alcuni storici cooperatori portò a risultati ben più drammatici.

La nostra cooperativa (costituita da un gruppo di soci- lavoratori) comprendeva uno spaccio di generi alimentari e un’osteria con annessa Casa del popolo ed era un fiore all’occhiello a livello provinciale: per questo aveva attirato fin da subito gli sguardi malevoli dei fascisti delle province di Parma e Reggio Emilia.

Via Roma nei primi decenni del ‘900. Sul palazzo che ospitava la sede della Cooperativa cittadina campeggia la grande scritta Casa del Popolo. Al piano terra, sopra la porta d’accesso dello spaccio è presente la scritta Generi Alimentari e in quella di fianco, da cui si accedeva all’osteria, è ancora visibile Vino e Cucina. Il palazzo della cooperativa aveva anche un accesso nella facciata posteriore da cui si apriranno la strada i Carabinieri e i fascisti per assaltarlo.

Il 27 febbraio del 1921 gruppi di fascisti, giunti a S.Ilario in treno, avevano sfilato coi loro gagliardetti fino alla Casa del Fascio senza che ci fosse alcun genere di incidente. Gli animi iniziarono però a scaldarsi nel pomeriggio, quando le camicie nere avanzarono al Sindaco Augusto Salvatori la pretesa di issare sul balcone del Municipio il tricolore. Il Sindaco si oppose in modo fermo vedendo in quell’atto un’azione simbolica per impadronirsi del palazzo comunale.

Nel frattempo altri fascisti, provenienti anche dalle province vicine, continuavano ad arrivare in treno e in automobile. Alcuni di loro, i più giovani, servendosi di un’alta scala, riuscirono comunque a issare la bandiera sul balcone del Municipio e poco dopo diedero il via ad un comizio nella piazza antistante il palazzo per celebrare la fondazione del fascio locale. Alcuni oratori, dopo aver lanciato offese e calunnie contro i socialisti, minacciarono di saccheggiare e distruggere la nostra cooperativa.

Come si legge nella testimonianza di Avvenire Paterlini, testimone oculare degli eventi: “Già dal mattino i fascisti provenenti da Reggio e da altre località avevano occupato il paese come se fossero i padroni, scorrazzavano in lungo e in largo con i loro manganelli con aria di provocazione e di sfida. Erano armati fino ai denti, in camicia nera, fregiati con gli stemmi della morte, con i manganelli e i bastoni, portavano in giro gagliardetti e bandiere tricolori. Lo scopo dell’inaugurazione della sede del Fascio locale e del gagliardetto, diventava un pretesto per provocare i lavoratori e colpire la cooperativa”.

Poco dopo, un banale incidente tra un ragazzino in bicicletta e un gruppetto di fascisti, viene preso come pretesto per radunare la teppaglia in camicia nera di fronte alla sede della cooperativa dove, nel frattempo, si erano radunati oltre ai soci anche alcuni socialisti, comunisti e anarchici pronti a difendere la loro sede.

Le camicie nere si stavano raggruppando con atteggiamento sempre più minaccioso di fronte alla sede della cooperativa e a un certo punto qualcuno di loro sparò un colpo in aria con una pistola. Seguiamo ora la cronaca degli eventi fatta dal quotidiano “La giustizia: “I socialisti, raccolti nella Casa del Popolo, ritennero di essere assaliti dai fascisti e lanciarono dalle finestre dapprima qualche sasso e qualche pietra. I fascisti risposero con rivoltellate, alle quali controbatterono altre rivoltellate”.

La risposta dei socialisti fece fuggire in modo disordinato buona parte dei fascisti presenti, presto soccorsi dai carabinieri, che iniziarono a sparare contro le finestre della cooperativa. Gli uomini all’interno decisero dunque di cessare il fuoco, visto l’intervento della Forza pubblica. I carabinieri, entrati nella Casa del Popolo, arrestarono tutte le persone presenti, sebbene molte di loro fossero state ferite durante la sparatoria.

Questi momenti concitati vengono rievocati con estrema precisione da Avvenire Paterlini: “Io rimasi ferito alla spalla sinistra da una pallottola di rivoltella, mentre mi trovavo sul tetto della cooperativa e da quella posizione sparando, gettando coppi, riparati dietro ai camini, per evitare di essere colpiti dai colpi tirati dai moschetti dei Carabinieri che si trovavano in piazza e nelle vie del paese. All’arrivo dei rinforzi il Commissario diede ordine di sfondare con un camion il portone della cooperativa, situato sul lato rivolto verso la stazione”.

Essendo la sede della cooperativa sguarnita i fascisti, che poco prima si erano dileguati nei campi, composero un drappello ed invasero il palazzo, bastonando i presenti, comprese donne e anziani, rubando o distruggendo tutto ciò che gli capitava sotto mano per poi appiccare il fuoco ad alcuni materiali infiammabili che avevano appositamente accatastato.

L’incendio fu talmente devastante da richiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco di Reggio e, nel tentativo di salvare il salvabile, il comandante dei pompieri fu travolto dal crollo di un pavimento che gli provocò la rottura della spina dorsale e la morte alcuni mesi dopo.

Nel frattempo altre squadracce, spesso appoggiate dai Carabinieri, si macchiarono di intimidazioni e violenze verso alcuni nostri concittadini che loro consideravano sovversivi. Alcuni socialisti presenti in cooperativa vennero duramente bastonati dai fascisti mentre venivano tratti in arresto; altri, tra i quali lo stesso Sindaco, furono pesantemente minacciati fino a notte.

Questa successione di violenze, per quanto perpetrate dai fascisti, viene presa come pretesto dal Prefetto di Reggio per sciogliere il consiglio comunale di Sant’Ilario, guidato dai socialisti democraticamente eletti, e per nominare un Commissario ben visto dai fascisti reggiani.

L’avvento definitivo del fascismo fece cessare per tutto il ventennio l’attività delle cooperative dl lavoro e di consumo che poi, a partire dall’immediato dopoguerra, rifioriranno fino a diventare una delle principali realtà economiche della nostra regione.

La cooperativa muratori, sotto la presidenza di Bruno Reggiani, viene rifondata infatti poco dopo la Liberazione arrivando ben presto a contare un centinaio di soci; alla stessa cooperativa di consumo, che riapre ben presto i battenti, se ne aggiungono altre nella zona: nel corso degli anni ’60 costituiranno la Cooperativa intercomunale di Consumo della Val d’Enza, intitolata a Ciro Fanti che ne era stato uno dei presidenti.

Inaugurazione del nuovo punto vendita della Coop alla presenza del Sindaco Lelio Poletti e di Gianfranco Ghidotti. Metà anni ‘60. Negli anni ’60 viene rammodernato il negozio, all’interno della storica sede delle Cooperativa santilariese. Circa 10 anni dopo, nel 1972, il punto vendita della Coop verrà trasferito nella nuova sede situata al primo piano del moderno palazzo costruito tra Via Roma e Via Podgora.

Nell’immediato dopoguerra nascono anche altre cooperative, come la Coop Elettromeccanica e Autotrasporti, formata prevalentemente da ex- partigiani e presieduta da Emilio Balestrazzi; la Cooperativa Edile di Calerno presieduta da Marino Gallingani. Vengono fondate anche alcune latterie sociali e una cooperativa di braccianti agricoli che si dedicherà alla coltivazione di due appezzamenti con stalle annesse.

Il punto vendita della Cooperativa di consumo (affiancato dalle succursali di Calerno e del quartiere S.Eulalia, quest’ultima situata  nei locali che oggi ospitano l’ARCI) riscuote nel corso degli anni un crescente successo attirando acquirenti anche dai paesi limitrofi fino ad evolversi, nel tempo, come vero e proprio  supermercato. Nel 1972 verrà infatti trasferito in spazi appositamente concepiti nel nuovo palazzone situato all’incrocio tra Via Roma e Via Podgora dove rimarrà per più di vent’anni.

Troverete questo ed altri racconti nel volume “Sant’Ilario com’era: Il lavoro, le botteghe e le industrie storiche” disponibile presso la Tabaccheria di Boni Giovanni di Via Val d’Enza 12 a S.Ilario).

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