Come sostenere Draghi, il ruolo della politica
Per offrire soluzioni al Paese oltre alla responsabilità serve un PD protagonista con idee nuove in grado di parlare a tutti gli italiani provati dalla crisi economica e sociale
(di Marcello Moretti e Giordano Colli)
Mario Draghi è stato chiamato dal Presidente della Repubblica a guidare un Esecutivo di unità nazionale allo scopo di affrontare l’emergenza sanitaria nella delicata fase di partenza della campagna vaccinale, governando le terribili conseguenze socio-economiche della pandemia, con il contributo responsabile di tutte le forze politiche. Il Partito Democratico ha scelto di sostenere questo percorso coerentemente con la sua storia e con il sui valori ereditati dai partiti fondatori, che hanno sempre risposto presente nei passaggi difficili che hanno caratterizzato la nascita e la storia della Repubblica. Il tema quindi non è il “se” ma il “come” esercitare questo sostegno: riteniamo che la presenza del PD in un Governo di tutti vada interpretata come una virtuosa competizione fra idee e proposte finalizzata ad individuare le soluzioni più efficaci per i problemi del Paese; sia quelli strategici che quelli pratici quotidiani delle persone. Non può bastare infatti l’indubbia autorevolezza di una riserva della democrazia, quale è Mario Draghi, oggi l’espressione più alta e riconosciuta delle capacità del nostro Paese, per affrontare le tare di una storica inefficienza sistemica note da tempo ma spesso eluse dalla politica: una giustizia lenta e incerta, un fisco di fatto iniquo poiché sbilanciato sulle spalle di chi non lo evade, una tendenza all’assistenzialismo cronico anziché al sostegno puntuale finalizzato alla ripartenza, il ritardo tecnologico, la mancanza di un vero piano strategico in campo energetico, ambientale e culturale, l’assenza di una politica estera protagonista nello scacchiere europeo e mediterraneo. Draghi avrà bisogno di un sostegno per sminare il percorso e procedere con determinazione. Per questo serve un PD protagonista con una sua proposta politica netta e chiara che orienti il dibattito pubblico e definisca un baricentro nel Parlamento dove poi, giova sempre ricordarlo, un Governo deve costruire il consenso numerico. Non dobbiamo quindi cadere nella tentazione di vecchie e nuove battaglie identitarie: il nuovo esecutivo nasce con una missione ben precisa di salvezza nazionale, potrà fare tanto e bene, ma non tutto, vista l’ampiezza dello schieramento che lo sostiene. Dovremo lavorare a 360° su tutti i temi che richiedono la determinazione politica necessaria per affrontare con soluzioni concrete non solo le iniquità storiche ma anche quelle che si sono create con la pandemia e che vedono soffrire categorie sociali in altri tempi più floride. Non dobbiamo fare l’errore commesso con Conte di non essere abbastanza netti nell’evidenziare alcune criticità, cosa che avrebbe aiutato lo stesso Premier in alcuni passaggi delicati, e che lo avrebbe supportato meglio nel superare lo stallo su alcune questioni spinose, la cui principale responsabilità stava più fra i banchi del M5S che sulla scrivania di Conte; un Presidente del Consiglio che è comunque riuscito nel non semplice intento di garantire ai cittadini un Governo riconosciuto e presentabile a cui potersi affidare nel momento più drammatico del Paese dal dopoguerra. Draghi sarà sostenuto anche da forze nate su basi populiste e antisistema (come la Lega o i 5 Stelle) che si troveranno più in difficoltà del PD a sostenere una linea politica da loro spesso avversata, ma ciò non vuol dire che siano spariti i motivi economici e sociali che le hanno spinte su consensi attorno al 30% anche prima della pandemia (la crisi del ceto medio, la disoccupazione, la riduzione del salario, gli ostacoli allo sviluppo dell’impresa e del lavoro autonomo). Il PD quindi deve parlare a tutti con il linguaggio della concretezza proprio per recuperare la fiducia dei cittadini verso la politica e le scelte che dovrà fare il Governo Draghi. Il nuovo esecutivo e la sua base parlamentare, se da un lato avranno sicuramente l’opportunità di spendere delle risorse (e non solo di tagliare come era avvenuto a Monti) avranno il dovere di non spenderle a pioggia, finalizzandole verso interventi in grado di far recuperare produttività ed efficienza al Paese; anche con l’obiettivo, non dimentichiamolo, di ripagare il debito che quelle stesse risorse rappresentano per le generazioni future. In questo consiste lo spirito di quella vocazione maggioritaria con cui è nato il PD: concetto troppo spesso male interpretato come aspirazione all’autosufficienza numerica, e che invece rappresenta l’ampiezza di idee e proposte in grado di essere messe a sintesi e a riferimento per tutte le persone e gli strati sociali, nella ricerca di soluzioni politiche che possano virtuosamente comporre interessi potenzialmente confliggenti fra loro. Con questo spirito dobbiamo dialogare nel merito con tutti i partiti che sostengono il nuovo Governo, a maggior ragione per chi come noi in Emilia-Romagna ha fatto di questo dialogo e della ricerca di sintesi avanzate, un motivo di impegno quotidiano sui territori, partendo dalla composizione della giunta regionale fino al più piccolo dei Comuni. Sempre e soltanto nell’interesse dei cittadini.