IL CANALE VERNAZZA DI CALERNO TRA STORIA E LEGGENDA
Il canale forniva l'energia ad almeno tre mulini: il vecchio mulino Pratorotto a Montecchio, il Molinazzo in centro a Calerno, e un terzo mulino collocato alle spalle della Commenda
(di Giorgio Casamatti)
Più di mille anni fa, all’epoca dell’Impero di Carlo Magno, nel nostro territorio vennero realizzate alcune opere che ancora oggi mantengono inalterata la loro funzione originaria. Molti secoli prima che venisse tracciato il canale Sant’Eulalia a Calerno esisteva già un’altra importante opera idraulica: il canale Vernazza che, nel corso dei secoli, cambierà denominazione in canale della Masone o dei Canonici perché scorreva nelle terre adiacenti alla magione e a quelle appartenenti ai Canonici della Cattedrale di Parma. Viene nominato per la prima volta già in epoca medioevale, alla fine del IX secolo, in alcuni documenti del Vescovo di Parma e dell’Imperatore, anche se esisteva già da tempo. Era stato realizzato prelevando l’acqua da uno dei rami dell’Enza che anticamente scorreva vicino a Calerno. Era di fondamentale importanza non solo per l’approvvigionamento idrico per uso domestico e agricolo ma, soprattutto, per l’allevamento dei bovini e la produzione del formaggio grana. Anche per questo motivo verrà costruito, adiacente al Canale Vernazza, l’Ospitale di San Lorenzo, che tutti conosciamo come “la Commenda”.
I monaci che gestivano la Commenda svolgeranno un ruolo fondamentale per lo sviluppo agricolo della zona, bonificando e coltivando i terreni limitrofi e aiutando i piccoli proprietari a pagare le imposte per l’utilizzo delle acque del canale che dovevano essere versate alle casse ducali. Anche in questo caso, come per il Canale Sant’Eulalia, si resero necessari proclami ed editti per cercare di risolvere il problema dei prelevamenti abusivi dell’acqua che spesso avvenivano tramite la realizzazione di canali secondari o la deviazione del corso d’acqua. Il canale Vernazza lega quindi per secoli la sua storia alla Commenda, che era stata fondata dai monaci per dare ospitalità ai pellegrini che transitavano sulla Via Emilia. L’ospitale era vicino ad uno dei rami in cui era suddiviso il corso dell’Enza e permetteva ai viandanti di alloggiarvi aspettando il momento opportuno per attraversare il torrente. Il canale consentiva ai monaci di avere l’acqua necessaria per il sostentamento dell’Ospitale, l’irrigazione e l’allevamento. Anche alla Commenda infatti erano presenti le stalle per l’allevamento dei bovini e un caseificio per produrre il formaggio grana che probabilmente fu proprio “inventato” da un monaco benedettino della zona. Fin dall’epoca medioevale, il canale consentiva inoltre il funzionamento di alcuni opifici e provvedeva alle necessità idriche del castello di Calerno: una casa fortificata costruita dai Sanvitale e distrutta alcuni secoli dopo durante l’assedio di Parma da parte dell’imperatore Federico II. Il canale forniva l’energia ad almeno tre mulini: il vecchio mulino Pratorotto a Montecchio, di certo già esistente nell’800; il Molinazzo, anticamente appartenente alla Commenda, posto in centro a Calerno sulla Via Emilia che poteva far funzionare un follo per la tessitura, una sega per il legname, un torchio per estrarre l’olio dalle noci e alcune macine per le granaglie; il terzo infine era collocato alle spalle della Commenda ed è rimasto in funzione fino ad alcuni decenni fa. Il canale Vernazza proseguiva poco oltre quest’ultimo mulino sfociando nel Rio Rubino. In epoca più recente lungo il canale Vernazza si è verificato un fatto miracoloso che ha portato alla costruzione di un’edicola votiva. Si narra che in località Partitore (così chiamata perché il Vernazza si divideva in un ramo secondario che costituiva il canale Ariana diretto a Cadè) questa edicola venne costruita come ex-voto dal proprietario della casa che sorgeva lì a fianco, dopo essere scampato miracolosamente ad una caduta nel canale della Vernazza, assieme al carro e al cavallo. Secondo altri l’edicola fu invece costruita per ringraziare la Vergine da parte di un uomo che aveva subito un incidente col carro senza perdere nemmeno una goccia dell’olio che trasportava dentro damigiane di vetro. È per questo che la devozione popolare gli ha conferito il nome di Madonna dell’Aiuto.