L’affido minorile e l’inchiesta in Val d’Enza
Il parere della Presidente del Forum Donne Giuriste Avv. Giovanna Fava
(di Giovanna Fava, avvocato di Reggio Emilia)
Gli incontri pubblici in cui si parla di affidi minorili e del cosiddetto “caso Bibbiano” registrano molta partecipazione, evidentemente perché la cittadinanza sente la necessità di un confronto. Poiché è evidente che le notizia, vera, falsa, distorta o amplificata, ha scosso la società reggiana sino a farci annichilire: noi quelli degli “asili più belli del mondo”, noi quelli del volontariato sociale, dei servizi alla persona, ci siamo sentiti traditi a prescindere. Queste penso, le ragioni del silenzio di tanti, perché fatichiamo a pensare e ancor meno ad accettare che qualcuno del Servizio Pubblico reggiano, possa avere operato in contrasto con il diritto e l’interesse dei bambini. In momenti come questi è indispensabile non lasciarsi travolgere dalle emozioni e affrontare ed esaminare la notizia per gradi, senza perdere di vista i principi costituzionali. Innanzitutto non vi è ancora nessun colpevole, ma solo degli indagati e il nostro ordinamento è retto da importanti principi costituzionali quali il diritto alla difesa (art.24 Cost.) e la presunzione di innocenza (art.27 Cost.), per cui l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva che consegue ai tre gradi di giudizio. Fermo restando che ove qualcuno avesse commesso dei reati ne risponderà personalmente, essendo la responsabilità penale personale. Sono quindi del tutto fuori luogo le espressioni utilizzate quali “affidi Illeciti”, “assistenti sociali che rubano i bambini alle famiglie”, “elettrochoc” ecc. rappresentando delle vere e proprie fake news, non essendovi ancora stato un giudizio che abbia accertato i fatti. Occorre poi circoscrivere il problema e sapere di cosa stiamo parlando: una cosa è verificare se vi sono stati abusi sul bambino e come proteggerlo, altra cosa sono gli affidi in ambito di separazioni e divorzio o gli affidi preadottivi, e ovviamente non si può generalizzare. Nel caso di segnalazioni di inidoneità genitoriale e di possibili abusi è fatto obbligo alle persone incaricate di un pubblico servizio di segnalare il pericolo alla Procura e ai Servizi Sociali che, a loro volta, hanno l’obbligo di mettere in sicurezza quel bambino. Quale sia il metodo migliore per far emergere l’abuso non lo sappiamo, è possibile che quello utilizzato dall’associazione Hansel e Gretel non sia corretto, ma questo sarà la magistratura a verificarlo. Non va dimenticato che l’affido familiare ha rappresentato una vera e propria risorsa per i bambini e le famiglie in difficoltà, esso si basa su due pilastri importanti che sono la sua temporaneità ed il mantenimento dei rapporti con i genitori biologici in previsione del rientro in famiglia. Il ricorso all’affido ha consentito di svuotare gli istituti e ridurre i costi a carico della collettività, pertanto ha
reso un buon servizio. L’affido familiare perde di senso quando vengono violate le sue regole, ovvero quando l’indagine svolta non è attenta, quando l’allontanamento dai genitori si protrae per troppo tempo, quando gli affidatari sono lasciati a sé stessi e la magistratura non controlla l’operato dei servizi. Il vulnus dunque non sta nell’istituto dell’affido ma nell’impossibilità per le parti di esercitare il diritto di difesa e nel mancato controllo da parte dell’autorità giudiziaria, in specie del Tribunale per i Minorenni. Le famiglie, i genitori biologici così come le famiglie affidatarie, devono essere messi nelle condizioni di potersi difendere, controllare i metodi di valutazione usati e poterli contestare, questo è possibile solo con un giusto processo, con un proprio difensore e nel pieno contraddittorio delle parti, garanzie che in questi procedimenti purtroppo mancano. L’istituto potrebbe essere migliorato ampliando gli aiuti a casa ovvero dove il caso lo consente, inserendo educatori nella quotidianità della famiglia in difficoltà. Il clamore ed il linciaggio mediatico avvenuti sul caso Bibbiano, prima ancora che i fatti siano accertati, hanno già prodotto gravi danni: i timori di incappare in un sistema non solo non protettivo ma addirittura illecito, sono certamente di ostacolo all’emersione di violenze e abusi in famiglia.